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LITTLE MISS SUNSHINE
(LITTLE MISS SUNSHINE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 settembre 2006
 
di Jonathan Dayton e Valerie Faris, con Greg Kinnear, Toni Collette, Steve Carell, Alan Arkin, Paul Dano, Abigail Breslin (Stati Uniti, 2005)
 
Una celebre coppia di videoclipper racimola otto milioni per il suo primo lungometraggio di fiction: il film esce a Sundance, Locarno e Deauville e di milioni, solo in casa, ne ha già incassati 42. Ora, è in testa alle classifiche di mezza Europa, perché LITTLE MISS SUNSHINE è una piccola meraviglia, la vera sorpresa di questo inizio di stagione, andateci di corsa.

Certo, la roadmovie della famiglia balorda che attraversa l'America sul pulmino sgangherato affinché l'occhialuta ultimogenita possa affermarsi in uno di quei mostruosi concorsi per bertucce imbellettate non è una novità. Ma, una volta ancora, è il tono (meglio, trattandosi di cinema, lo sguardo) a faire la musique. Quello, irresistibilmente comico nell'assurdità e nel cinismo, perspicace nella critica come nella condiscendenza per la mitica regola del credere-volere-riuscire che ha fatto crescere i pargoli dello zio Sam, che consiste nel prendere per i fondelli con ineffabile crudeltà i rappresentanti di una famiglia–tipo. Ma a riconsiderare al momento giusto la dose di veleno; per riscoprirne affettuosamente l'energia ed i valori. Una meraviglia di equilibrio, di buon gusto e di efficacia. Il padre imprenditore perennemente ottimista e regolarmente trombato, la madre depressa nei suoi pasti micidiali al pollo fritto, il nonno strafatto che incoraggia il nipote a scoparne il più possibile prima che sia troppo tardi, lo zio suicidario e gay, eterno secondo specialista nazionale di Proust (“un fallito che ha impiegato vent'anni a scrivere un libro che nessuno ha letto: ma è nella sofferenza che uno finisce per crescere”), il primogenito rifugiato nel mutismo assoluto per protesta nichilista, quell'intero baraccone politicamente scorretto nasceva con tutte le premesse per sfociare nella solita farsa scontata e volgare.

Invece, attorno alla giustissima bambina miracolosamente priva di smorfie ( la deliziosa Abigail Breslin) i due autori costruiscono una sceneggiatura dai dialoghi da sballo che dalla corrosione sconfina su misura nella tenerezza, per esaltare un mirabile gruppetto di attori. Trovando ancora il tempo, tra una battuta e l'altra, di guardare all'ambiente: a quell'America squinternata, che è poi fra quelle che amiamo.


   Il film in Internet (Google)

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